Suzhou
Un antico detto cinese cita “nel cielo c’è il paradiso ed in terra c’è Suzhou” e non a caso: Suzhou, città della provincia del Jiangsu che sorge sulle rive del lago Taihu, è da sempre in Cina sinonimo di bellezza ed armonia. Si trova a meno di un’ora di treno da Shanghai e nonostante abbia dimensioni medio-piccole per gli standard cinesi è comunque una delle città più ricche della Cina ed ha sempre mantenuto un ruolo di prestigio attraverso i secoli.
Fu apprezzata anche da Marco Polo che, quando la visitò nel 1276, la descrisse come “una città nobile e ricca, aggraziata da più di 6000 ponti, tanto grandi da lasciar passare intere galee”. Nonostante Suzhou conti attualmente solo 175 ponti, la maggior parte dei quali non permetterebbe certo il passaggio di alcuna galea, la città deve il suo soprannome di “Venezia dell’Est” proprio al suo intricato e complesso sistema di canali che la circondato da tutti e quattro i lati e la attraversano in ogni dove.
Suzhou è una città dalla storia antica e la sua fondazione viene tradizionalmente fatta risalire a 2500 anni fa, durante il periodo degli Stati Combattenti (V-III sec. a.C.). La sua inarrestabile crescita economica si deve soprattutto al completamento del Canale Imperiale che assunse un aspetto simile a quello che può essere osservato oggi verso la fine del VI secolo. Considerato il più lungo canale artificiale esistente al mondo, scorre da Pechino ad Hangzhou per un totale di 1794 Km e seppure non tutto il suo corso sia navigabile ha rappresentato per secoli una fondamentale arteria commerciale per la Cina.
Lo sviluppo economico di Suzhou continua tutt’ora e la città è ancora uno dei più importanti centri per la produzione e lavorazione della seta nonché una delle mete preferite dagli investitori stranieri, grazie anche alla sua vicinanza con Shanghai. Tuttavia il motivo d’orgoglio di Suzhou, nonché vera ragione della sua fama mondiale, sono senz’altro i suoi giardini: nel momento di massimo splendore se ne contavano ben 200, la maggior parte dei quali furono costruiti durante la dinastia Ming (1368-1644), quando la città conobbe un periodo di relativa calma. La loro estensione varia sensibilmente dagli imponenti 52.000 m² del Giardino dell’Amministratore Umile (evidentemente non poi così umile...) agli appena 5.400 m² del Giardino del Maestro di Reti. Nonostante quest’ultimo sia uno dei giardini più piccoli è considerato l’esempio più elegante che l’arte dei giardini abbia prodotto. Fu costruito nel 1140 per ordine del mandarino Shi Zhengzhi e il suo nome è dovuto al desiderio dell’ufficiale di ritirarsi dalla carica pubblica che rivestiva per dedicarsi ad una vita semplice, come quella di un pescatore. La raffinatezza di questo giardino è tale che il Metropolitan Museum di New York decise di riprodurlo parzialmente in una delle sue ali all’inizio degli anni ‘80.
I giardini di Suzhou non sono semplicemente angoli di verde e tranquillità, ma vere e proprie opere d’arte, tanto da divenire parte del patrimonio dell’umanità dell’UNESCO nel 1997. Il motivo di tanto clamore risulta evidente non appena si mette piede in uno di essi e si è subito sopraffati da un profondo senso di bellezza ed armonia: è qualcosa che va oltre il confortante ristoro del contatto con la natura o la momentanea fuga dal paesaggio grigio di ciminiere che incombe alle porte della città. I giardini di Suzhou sono infatti preziose espressioni di una concezione del mondo ormai dimenticata dalle nuove generazioni, sono rappresentazioni ideali del mondo che incarnano proprio quel concetto di Fengshui che ultimamente va tanto di moda nel settore dell’arredamento.
In tutti i giardini cinesi si possono trovare gli stessi elementi costitutivi e ciascuno di essi svolge una determinata funzione e al tempo stesso si armonizza con gli altri secondo regole ben precise. Si accede al giardino sempre per mezzo di una porta rotonda perchè il 'cerchio' rappresenta il cielo, ovvero l’universo. I sentieri e i ponti sinuosi che si percorrono durante la visita sono studiati per rallentare il passo del visitatore e “costringerlo” così a notare specifici dettagli o scorci del paesaggio, spesso offrendone prospettive diverse tramite ingegnosi cambi di livello. Sui lunghi corridoi si aprono sempre delle finestre che hanno lo scopo di “incorniciare il paesaggio”, offrendo veri e propri quadri della natura che accompagnano il visitatore fino alla fine, dove è immancabilmente accolto da una veduta mozzafiato, ancor più efficace perchè sottilmente anticipata da tutti questi fuggevoli preludi.
Il disegno architettonio del giardino è appositamente studiato per farlo apparire più grande di quanto sia in realtà e questo effetto è generalmente ottenuto tramite un sagace gioco di prospettive, spesso “rubando” la profondità di montagne o pagode situate molto lontano dal giardino. Il principio di fondo a cui tutte queste regole fanno capo è la complementarietà, l’osservazione di una stessa cosa da più punti di vista spesso opposti fra loro. Il giardino è un microcosmo che rappresenta il macrocosmo dell’universo o come meglio spiegato da un letterato del XVIII secolo di nome Shen Fu, sono un "mezzo per scorgere il reale nell’illusorio e l’illusorio nel reale".
Fu apprezzata anche da Marco Polo che, quando la visitò nel 1276, la descrisse come “una città nobile e ricca, aggraziata da più di 6000 ponti, tanto grandi da lasciar passare intere galee”. Nonostante Suzhou conti attualmente solo 175 ponti, la maggior parte dei quali non permetterebbe certo il passaggio di alcuna galea, la città deve il suo soprannome di “Venezia dell’Est” proprio al suo intricato e complesso sistema di canali che la circondato da tutti e quattro i lati e la attraversano in ogni dove.
Suzhou è una città dalla storia antica e la sua fondazione viene tradizionalmente fatta risalire a 2500 anni fa, durante il periodo degli Stati Combattenti (V-III sec. a.C.). La sua inarrestabile crescita economica si deve soprattutto al completamento del Canale Imperiale che assunse un aspetto simile a quello che può essere osservato oggi verso la fine del VI secolo. Considerato il più lungo canale artificiale esistente al mondo, scorre da Pechino ad Hangzhou per un totale di 1794 Km e seppure non tutto il suo corso sia navigabile ha rappresentato per secoli una fondamentale arteria commerciale per la Cina.
Lo sviluppo economico di Suzhou continua tutt’ora e la città è ancora uno dei più importanti centri per la produzione e lavorazione della seta nonché una delle mete preferite dagli investitori stranieri, grazie anche alla sua vicinanza con Shanghai. Tuttavia il motivo d’orgoglio di Suzhou, nonché vera ragione della sua fama mondiale, sono senz’altro i suoi giardini: nel momento di massimo splendore se ne contavano ben 200, la maggior parte dei quali furono costruiti durante la dinastia Ming (1368-1644), quando la città conobbe un periodo di relativa calma. La loro estensione varia sensibilmente dagli imponenti 52.000 m² del Giardino dell’Amministratore Umile (evidentemente non poi così umile...) agli appena 5.400 m² del Giardino del Maestro di Reti. Nonostante quest’ultimo sia uno dei giardini più piccoli è considerato l’esempio più elegante che l’arte dei giardini abbia prodotto. Fu costruito nel 1140 per ordine del mandarino Shi Zhengzhi e il suo nome è dovuto al desiderio dell’ufficiale di ritirarsi dalla carica pubblica che rivestiva per dedicarsi ad una vita semplice, come quella di un pescatore. La raffinatezza di questo giardino è tale che il Metropolitan Museum di New York decise di riprodurlo parzialmente in una delle sue ali all’inizio degli anni ‘80.
I giardini di Suzhou non sono semplicemente angoli di verde e tranquillità, ma vere e proprie opere d’arte, tanto da divenire parte del patrimonio dell’umanità dell’UNESCO nel 1997. Il motivo di tanto clamore risulta evidente non appena si mette piede in uno di essi e si è subito sopraffati da un profondo senso di bellezza ed armonia: è qualcosa che va oltre il confortante ristoro del contatto con la natura o la momentanea fuga dal paesaggio grigio di ciminiere che incombe alle porte della città. I giardini di Suzhou sono infatti preziose espressioni di una concezione del mondo ormai dimenticata dalle nuove generazioni, sono rappresentazioni ideali del mondo che incarnano proprio quel concetto di Fengshui che ultimamente va tanto di moda nel settore dell’arredamento.
In tutti i giardini cinesi si possono trovare gli stessi elementi costitutivi e ciascuno di essi svolge una determinata funzione e al tempo stesso si armonizza con gli altri secondo regole ben precise. Si accede al giardino sempre per mezzo di una porta rotonda perchè il 'cerchio' rappresenta il cielo, ovvero l’universo. I sentieri e i ponti sinuosi che si percorrono durante la visita sono studiati per rallentare il passo del visitatore e “costringerlo” così a notare specifici dettagli o scorci del paesaggio, spesso offrendone prospettive diverse tramite ingegnosi cambi di livello. Sui lunghi corridoi si aprono sempre delle finestre che hanno lo scopo di “incorniciare il paesaggio”, offrendo veri e propri quadri della natura che accompagnano il visitatore fino alla fine, dove è immancabilmente accolto da una veduta mozzafiato, ancor più efficace perchè sottilmente anticipata da tutti questi fuggevoli preludi.
Il disegno architettonio del giardino è appositamente studiato per farlo apparire più grande di quanto sia in realtà e questo effetto è generalmente ottenuto tramite un sagace gioco di prospettive, spesso “rubando” la profondità di montagne o pagode situate molto lontano dal giardino. Il principio di fondo a cui tutte queste regole fanno capo è la complementarietà, l’osservazione di una stessa cosa da più punti di vista spesso opposti fra loro. Il giardino è un microcosmo che rappresenta il macrocosmo dell’universo o come meglio spiegato da un letterato del XVIII secolo di nome Shen Fu, sono un "mezzo per scorgere il reale nell’illusorio e l’illusorio nel reale".
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